C’È QUALCOSA DI SACRO? Quando si dice che qualcosa è sacro, c’è un piano politico, di potere e manipolazione nascosto. In origine il sacro aveva senso, ma ora è di dubbioso utilizzo

LA DENOMINAZIONE DELL’AYAHUASCA

Dietro il nome e la definizione di una pianta amazzonica c’è tutto un segreto di comprensione.

 

Pianta selvatica. Banisteriopsis caapi. Miscuglio vegetale. Rimedio sacro. Allucinogeno. Enteogeno. Veleno di purificazione. Beveraggio psicoterapeutico. Infusione depurativa. La liana dell’anima. La pianta degli dei. La regina delle regine. Liana della morte. Fune dell’impiccato. Cordone ombelicale dell’universo. Antenna decoder di intelligenze extraterrestri. Banca di memorie di civiltà estinte. Rimedio ancestrale. Pianta maestra e di potere. Quanti nomi ha uno stesso fenomeno?

È evidente che tentare di definire una pianta o intruglio che si è convertito in uno strumento sciamanico di cura e connessione spirituale, è un poco complicato. Per milioni di persone di tutto il mondo prendere questo preparato vegetale fatto con piante amazzoniche è L’esperienza della loro vita! Per altre persone, questi gruppi che prendono Ayahuasca sono un fenomeno di trasformazione che può arrivare a scala globale. Per me rappresenta un movimento mondiale della consapevolezza di unificazione, o una nuova speranza per l’umanità, quella di potere risolvere problemi che trasportiamo da millenni e che non abbiamo potuto mai trascendere.

Volere definire l’Ayahuasca, si sta trasformando in una discussione con toni alti e senza molto senso. Perché si può definire, qualificare o denominare in infinite maniere a seconda di come si guardi, o secondo la morale o scala di valori che ognuno abbia. Dalle definizioni più concrete o elementari può essere chiamarla “PIANTA”; fino alle definizioni più astratte o energetiche come si può chiamarla “SPIRITO”, entrambe hanno in realtà qualcosa; in mezzo a quegli estremi ci sono innumerevoli maniere di definirla. C’è gente che la chiama Dio, la mia salvezza, il cammino verso la guarigione, Daime, Yagé, Guida Divina

Ma c’è una definizione che me secondo me rappresenta un gran pericolo in relazione all’essenza dell’Ayahuasca ed all’evoluzione della consapevolezza umana. Mi riferisco a chiamarla SACRA. È una definizione che quasi ogni volta che si usa crea problemi, divisioni e discussioni, e perfino guerre.

Per esempio, se si definisce che una cosa, frutta o animale è sacro, si protegge, si idolatra, non si può toccare, non si può criticare, non si può utilizzare se non da mani autorizzate; ma quelli che dicono essere autorizzati a toccarla o usarla sono gruppi che si sono impadroniti del diritto di uso esclusivo, perfino possono organizzare un sistema di autorizzazione ad altri che possano usarla, (come se si trattasse di una franchigia) ed in generale previo pagamento del diritto di utilizzo. Oggigiorno tutto può comprarsi, perfino l’accesso o l’uso della cosa sacra. Sono nuove forme di indulgenza che continuano ad esistere da secoli.

In fondo tutto viene dalla stessa cosa, è la necessità di idolatrare, di sacralizzare, di differenziare e di definire le cose e persone mettendoli in differenti livelli affinché alcune abbiano dominio su altre. L’eterno conflitto tra il complesso di inferiorità e superiorità.

Chi prende Ayahuasca può vedere tardi o presto che tutto è sacro, o niente lo è. Entrambi i concetti sono illuminanti per abbordare questo tema. L’Ayahuasca, indipendentemente come si denomini, ha un potere tremendo per portare la consapevolezza a stati di gran chiarezza, ed una delle compressioni che arrivano attraverso l’uso dell’Ayahuasca è che tutto si trova dentro sé stessi, ed a sua volta è un riflesso di tutto l’esteriore. Che l’interiore e l’esteriore sono due manifestazioni della stessa esistenza o due parti della stessa realtà. Pertanto è contraddittorio segmentare una parte dell’esistenza materiale per isolarla, metterla in un piedistallo e definirla come sacra, perché staremmo separandola dal resto per riconoscere che quel rifugio è migliore che il resto. Questo non è quello che insegna l’Ayahuasca, piuttosto uguaglianza davanti alla creazione ed unità davanti al tutto.

È importante osservare quante guerre si sono prodotte per difendere un libro SACRO, o le parole SACRE di suddetto libro; molti dei fedeli credenti in quei libri affermano che solo esiste un libro SACRO: il proprio; o un solo comandamento SACRO, quello del loro libro. Pertanto se appare un altro libro sacro ed altri comandamenti sacri, incomincia la guerra. Chi ha la ragione?

Affermando che qualcosa è sacro si vuole giustificare e discolpare da tutte le pazzie che possano essere create dalla mente che ha deciso di chiamare SACRO qualcosa.

L’idea che ci sia qualcosa sacro è la cosa più sacra in una mente che vuole mantenersi afferrata a quel qualcosa. Quell’idea sacra del sacro è il punto dove sono barricate tutte le religioni o credenze radicali. Se ti domando che cosa è sacro per te? La tua risposta darebbe l’indizio su dove si trovi il punto chiave da guarire. Perché il sacro è ciò che stiamo proteggendo e non vogliamo toccare né cambiare. Per esempio, se dici: “mia madre è sacra” che nessuno si scontri con lei! È evidente che ciò nasconde qualcosa.

Anticamente, definire di sacro qualcosa aveva fini di preservazione e cura. Per gli indigeni dell’antichità la differenza che esiste tra piante normali e piante sacre, è che le prime hanno proprietà curative o alimentarie, mentre le sacre sono piante che insegnano, che mostrano l’aldilà; attualmente quelle chiamate psicoattive. Gli antichi indigeni capirono che se prendendo una pianta potevano ricevere tanta informazione su loro stessi, la natura, il cosmo e le malattie, era perché quella pianta era come un Dio, un Maestro o un Spirito che insegnava loro, per questo motivo cominciò a denominarsi PIANTA SACRA. In quel modo stabilivano dialoghi interni con la pianta ed un vincolo di una certa dipendenza per ottenere la saggezza di cui avevano bisogno, così è come cominciarono a curarla e proteggerla più che ad altre, a seminarla in posti nascosti e circondata di altre piante protettive. Quello permise che si espandesse per grandi superfici della selva amazzonica. Ma attualmente considero con un certo pericolo continuare a chiamarla così per ciò che ho esposto anteriormente. Se gli indigeni che rimangono vogliono chiamarla sacra, non c’è alcun problema, perché non ha nessun senso smettere di usare la parola sacro per chi lo senta così, ma noi occidentali utilizziamo il sacro per manipolare, non per proteggere. Pertanto è sano osservare con che intenzione utilizza IL SACRO ogni persona che utilizza questa definizione per qualcosa.

Se una pianta espande la consapevolezza, e permette, tanto a persone con interesse come a sciamani guaritori, accedere ad altri piani della realtà per comprendere il perché succedano cose in questo piano materiale, non precisamente deve essere perché quella pianta sia un spirito né lo contenga, è possibile che sia un’intelligenza criptata in una pianta, è possibile che sia la reincarnazione di tutta una civiltà, o la mente di un extraterrestre che è venuto a darci una mano; o semplicemente può essere il risultato evolutivo di una natura che sa quello di cui abbiamo bisogno e ce l’offre attraverso le piante. Ci possono essere milioni di interpretazioni, e tutte possono essere valide o più o meno vere, ma quello che realmente importa, almeno per me ed in questo contesto, è quello che produce.

Nel mio caso ha spinto una trasformazione di vita che posso chiamare di “miracolosa”, nel senso che era impossibile per me fare i cambiamenti che ho fatto nella mia vita se non ci fosse stato per l’appoggio ed ispirazione che mi diede l’Ayahuasca attraverso la liberazione della mia consapevolezza.

Poiché parliamo di maestri e divinità, un altro uomo che ebbe una connessione con l’aldilà, e tra l‘altro senza usare Ayahuasca, fu Buddha, ed egli disse in una delle sue celebri frasi: “La verità è ciò che funziona” in questo senso siamo davanti a “qualcosa” chiamato Ayahuasca Che Funziona! nella gran maggioranza dei casi di consumatori che la prendono in maniera moderata, e che ha creato solo qualche problema quando si prende in eccesso o senza nessuna attenzione cosciente.

Perché non chiamarla STRUMENTO PSICO EMOZIONALE O SPIRITUALE? Perché agisce come un bisturi energetico che opera dal più profondo dell’anima e del corpo. Perché non chiamarla Attivatore Chimico? Perché attiva un fenomeno catalizzatore che riapre la farmacia naturale interno nell’organismo umano.

Se trascendessimo le definizioni potemmo accedere a segreti che c’aiuterebbero ad avanzare durante il tragitto dell’evoluzione.

Le idee del “sacro”, dello “speciale” o del “unico” sono intimamente relazionate nel loro insieme con un atteggiamento che da sempre è stato molto pericoloso nell’uso inadeguato che ha fatto l’essere umano.

Hitler affermò che c’era una razza “speciale” e credendo essere i “migliori” iniziarono il peggiore degli stermini; il popolo ebreo sempre assicurò essere l’”eletto”, ciò è come dire essere migliori degli speciali; per quel motivo si affrontarono e tra essi sorse il più grande massacro dalla storia umana.

Facciamo molta attenzione a come ci definiamo, perché in qualunque momento possiamo generare una guerra.

Tutti siamo speciali, unici e sacri. Ognuno di noi ha qualcosa di irripetibile, qualcosa che l’altro non ha, qualcosa che ci distingue dal resto; è una dimostrazione del rispetto che ha avuto la creazione con ogni essere vivo, di creare l’ineguagliabile, per questo motivo ogni cosa è sacra nella sua assoluta esclusività.

Se dovessi definire sacro qualcosa, lo farei col NIENTE, col VUOTO, perché senza ciò tutto quello che vediamo non sarebbe possibile.

 

Alberto José Varela

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Alberto José Varela

Fundador de empresas y organizaciones; creador de técnicas, métodos y escuelas; autor de varios libros. Estudiante autodidacta, investigador y conferencista internacional, con una experiencia de más de 40 años en la gestión organizacional y los RRHH. Actualmente crece su influencia en el ámbito motivacional, terapéutico y espiritual a raíz del mensaje evolutivo que transmite.

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