CHI SONO I PADRONI DELL’AYAHUASCA?
QUESTO ARGOMENTO È STATO MOTIVO DI UNA DISCUSSIONE DURATA OLTRE 5 ORE CHE HA PERMESSO DI GIUNGERE AD UNA GRANDE CONCLUSIONE…
«Ora abbiamo chiaro che perseguire il riconoscimento a Patrimonio non è una strategia vincente per la nostra organizzazione»
Di José Carlos Bouso
GIORNO 3: LA DIVERSITÀ SI ESPRIME
Siamo ai tropici, dove le piogge sono torrenziali, ma brevi. È venuto fuori un po’ di sole. Alle 9:30 è cominciata una delle più grandi sfide che l’ICEERS abbia mai dovuto affrontare, con questa conferenza: il “Dibattito sul riconoscimento dell’Ayahuasca come patrimonio culturale immateriale”. Questa idea non è nuova per l’ICEERS. Nel 2011, quando la JIFE pubblicò per la prima volta nel suo resoconto annuale una raccomandazione sulla proibizione dell’uso di Ayahuasca per i paesi che considerassero l’esistenza di problemi nei loro territori, legati ad un eventuale cattivo uso dell’Ayahuasca, noi iniziammo una campagna di raccolta firme affinché la JIFE ritrattasse. Nel nostro manifesto chiedemmo per la prima volta che invece di richiederne la fiscalizzazione, le Nazioni Unite riconoscessero l’Ayahuasca e le pratiche culturali ad essa legate come patrimonio culturale dell’umanità.
Quando uno va a una conferenza, tanto più se legata a questo tipo di attività e sostanze, è tutto fratellanza e buonismo. I conflitti, qualora apparissero, generano tensione; e poiché la tensione è scomoda, i conflitti non affiorano. Tutto il contrario di quello che è successo ieri e oggi. Ma dopo tutto non eravamo lì per parlare, ma per dibattere, portare alla luce le contraddizioni e per rispettare. E così è stato. Dopo un breve giro di esposizioni da parte dei rispettivi esperti in politica di Patrimonio, i membri, che come si è già detto erano quasi il doppio degli invitati, hanno preso la parola. Era un sacco di tempo che non mi divertivo tanto. Probabilmente era la prima volta nella storia che differenti gruppi etnici indigeni, rappresentanti di diverse religioni basate sull’Ayahuasca ed esperti internazionali si trovavano rinchiusi nella stessa stanza a discutere. E tutti coloro che volevano esprimersi hanno avuto il loro spazio per farlo. Tutti hanno espresso i loro pensieri, i loro sentimenti, le loro frustrazioni, i loro dubbi, i loro sospetti, le loro speranze, le loro remore, il loro disprezzo, il loro riconoscimento e ovviamente anche il loro desiderio di conciliazione. Tutti volevano che la loro cultura fosse rispettata e riconosciuta, riflettendo l’intensità della storica oppressione di cui hanno sofferto. Gli eredi degli oppressori e degli oppressi, tutti assieme nella stessa stanza, a dibattere su qualcosa di concreto che li unisce, l’Ayahuasca, ma provenendo da realtà culturali infinitamente più lontane tra loro rispetto a quanto non lo siano geograficamente parlando. Una catarsi collettiva indescrivibile di cinque ore, che lungi dall’averci lasciati frustrati per non essere riusciti a fare le cose come le avevamo pianificate, e nonostante fossimo poi sfiniti, riteniamo comunque essere una delle riunioni più importanti e interessanti, in termini umani, della nostra vita. Ed è pure stata istruttiva. Ora, abbiamo chiaro che la perseguire il riconoscimento a Patrimonio non è una strategia vincente per la nostra organizzazione. Sono emerse altre strategie eventualmente più attuabili ed efficienti per riuscire a bloccare le persecuzioni legali verso qualsiasi tipo di pratica Ayahuasquera che rispetti dei minimi etici e di sostenibilità, sulle quali ci metteremo al lavoro una volta tornati a Barcellona.
SEMBRA IMPOSSIBILE CHE MOLTA GENTE CHE ASSUME AYAHUASCA (RIMEDIO AMAZZONICO CHE ISPIRA L’UNITÀ E LA RICONCILIAZIONE) SIA DISPOSTA A BATTERSI PER I DIRITTI DI UNA SUPPOSTA PROPRIETÀ CHE CREDONO DI AVERE SUL SUO USO. Perché non accettare umilmente che è di tutti? Perché tanta resistenza a permettere che se ne espanda il consumo cosciente e terapeutico? Cos’è che impedisce di comprendere questo fenomeno dai risultati incredibili, generato dall’uso moderato di Ayahuasca?
La domanda che è stata fatta in questa conferenza tenutasi in Brasile, sull’Ayahuasca era: Di chi è l’Ayahuasca? Argomento che abbiamo trattato oltre un anno fa su questo blog: https://albertojosevarela.com/it/chi-sono-i-padroni-dellayahuasca/
È possibile che alla base di questo dibattito vi siano degli avanzamenti nella comprensione del fatto che ci troviamo di fronte ad un fenomeno che va molto oltre gli interessi egoistici e delle lotte di potere; che l’AYAHUASCA È UN GRANDE REGALO DELLA NATURA, venuta a fornirci uno strumento di lavoro per l’evoluzione della nostra coscienza, che ci ha aperto una via inesplorata per indagare le cause della sofferenza, e che se rimaniamo invischiati nel voler sapere di che è il bisturi, non potremo mai realizzare chirurgia energetica di cui abbiamo bisogno per la trasformazione dell’umanità. IL BISTURI È DISPONIBILE, E QUANDO USATO DENTRO UN CONTESTO TERAPEUTICO E/O SPIRITUALE DÀ BENEFICI GLOBALI A FAMIGLIE E SOCIETÀ, SIA A LIVELLO DI SALUTE, BENESSERE E FELICITÀ, SIA NELL’INTERAZIONE ARMONIOSA CON LA NATURA E IL PROSSIMO.
PER ONORARE QUESTO REGALO E PER LA GRATITUDINE CHE SENTO NEI CONFRONTI DI QUESTI BENEFICI PER L’UMANITÀ, CHE SUPERANO QUALUNQUE TIPO DI BENEFICIO PARZIALE O INDIVIDUALE, DEDICO GRAN PARTE DELLA MIA VITA E DELL’ORGANIZZAZIONE CHE HO FONDATO.
Alberto José Varela