Voglio essere libero!

È il grido più ardente e appassionato che viene dall’anima umana che cerca di ritornare allo stato naturale da cui è venuto.

“Vogliamo tutti la libertà, ma siamo così a nostro agio nella cella del conosciuto. Viviamo ospitati in una gabbia comoda e sicura che ci dà una sensazione di libertà, ma è una prigionia molto sottile; non importa quanto la gabbia sia decorata e non importa quanto sia lussuosa, continuerà ad essere una schiavitù”.

L’autore afferma: “Sembra contraddittorio, ma in carcere ho conosciuto la libertà. Per essere libero devi entrare dentro”; “Siamo già liberi, ma l’abbiamo dimenticato, recuperare quella memoria cosmica è riconnettersi con l’essenza”; “Il solo fatto di poter portare il nostro corpo ovunque significa che siamo liberi. Chi crede di essere libero non potrà mai liberarsi perché è cieco”; “Libertà significa essere padrone di te stesso e schiavitù significa che il tuo padrone è qualcosa o qualcuno che ti controlla. Essere liberi è essere padroni di se stessi”.

Cos’è che ci rende schiavi? Come spezzare le nostre catene? Le risposte a queste e ad altre domande sono implicite nel racconto di tutto ciò che Alberto José Varela ha vissuto da un carcere, e nella sua visione delle testimonianze personali di altri detenuti con cui ha vissuto.

Alberto José Varela; 49 anni, 6 bambini; Ha trascorso un periodo in prigione e, sebbene non abbia commesso alcun crimine, ha dovuto affrontare un calvario per dimostrare la sua innocenza. Mentre era imprigionato, approfittò della sua permanenza tra le mura per trovare la libertà che cercava. Dice: “Ci sono prigionieri dentro e fuori le carceri, la schiavitù è una realtà umana che ci fa molto male riconoscere ma che ci costa molto di più superarla. Tutti vogliamo essere liberi, ma se lo siamo già, la libertà è la nostra natura; Allora da cosa dobbiamo liberarci? In questo libro ci sono le chiavi per capire qual è la prigione che ci rende schiavi e per compiere la grande fuga.