Home UNO SCIAMANO, UNO PSICOLOGO ED UN FACILITATORE CHE DANNO AYAHUASCA? Questo racconto dettagliato di una partecipante a 3 ritiri la dice lunga. UNO SCIAMANO, UNO PSICOLOGO ED UN FACILITATORE CHE DANNO AYAHUASCA? Questo racconto dettagliato di una partecipante a 3 ritiri la dice lunga.

UNO SCIAMANO, UNO PSICOLOGO ED UN FACILITATORE CHE DANNO AYAHUASCA? Questo racconto dettagliato di una partecipante a 3 ritiri la dice lunga.

LE MIE PRIME TRE ESPERIENZE CON AYAHUASCA E LO STAFF DI INNER MASTERY INTERNATIONAL

Perché insistiamo tanto che si partecipi ai ritiri nell’arco di 90 giorni? Un ciclo di 3 lune è il tempo ideale per avere un processo iniziale ed iniziatico con Ayahuasca.

 

PRIMA TOMA

Non mi piacciono il capodanno ed il bisogno di divertirsi proprio in quella notte. Avevo programmi che mi convincevano a metà e che non mi appetivano del tutto. Nessun programma, con veri amici, qualcosa di coccolo e tranquillo. Anni fa avevo letto i Diari dell’Ayahuasca, di Allen Ginsberg e William Borroughs. Impressionante, anche se non molto divertente, ma mi è rimasto dentro. Un paio di settimane fa alcuni miei amici di Facebook hanno commentato su incontro terapeutico con Ayahuasca, io l’ho notato, ma al momento non ci ho dato tanto peso. Quella stessa sera, il 29, senza troppe speranze li ho contattati. Mi hanno detto di sì e…ho fatto armi e bagagli e sono partita senza sapere bene cosa, come, dove e perché.

Non vale la pena entrare nei dettagli dell’organizzazione, delle persone e dei discorsi. Mi sentivo sicura, protetta e disposta a “frugare” nel mio interiore con l’aiuto dell’Ayahuasca, per scovare ciò che avevo bisogno di sapere.

Alla sera si è parlato dell’esperienza di altre persone che avevano passato la notte precedente lì. Alcune di queste mi sono sembrate avvilenti, altre invece talmente belle da sembrare uscite dalle fiabe. Se c’è una conclusione da trarre è che tutto è possibile. Ognuno vive il proprio processo, ma vi è un denominatore comune: la pace, la comprensione e l’accettazione che seguono subito dopo.

Abbiamo anche parlato dei nostri motivi che ci hanno spinti ad essere lì, cosa cerchiamo o crediamo di star cercando. È incredibilmente illuminante manifestare apertamente ciò che pensi ti abbia spinto, e se scavi un po’ più a fondo, cosa che i membri dello staff sanno fare moooolto bene, scopri molto di più di quanto hai espresso al momento.

Abbiamo cominciato alle 11 di sera. La sala era molto comoda, luce tenue, musica, suoni della foresta, divani tutt’attorno, eravamo tutti lì comodamente disposti con coperte e cuscini (eravamo 14 partecipanti, uno sciamano, uno psicologo e una ragazza a vegliarci) …e un sacchettino per vomitare, perché è comune vomitare, e tanto, in questi casi. Ero pronta, se c’era da vomitare, avrei vomitato.

Abbiamo preso un bicchierino di questa sostanza che assomiglia al cioccolato, dal sapore un poco terroso. Ci hanno chiesto di metterci seduti almeno per la prima mezzora, per evitare di addormentarci. Qualcuno il pomeriggio aveva detto che la paura fa sentire freddo. Io ho pensato: allora non avere paura, la felicità è blu, come il mare. Quindi mi sono seduta mentalmente a poppa del veliero sul quale sono solita passare le mie estati, in attesa di ciò che sarebbe accaduto. La musica e i suoni della foresta mi accompagnavano, mentre le candele andavano spegnendosi, ma non succedeva nulla di intrippante. Poi all’improvviso, figure geometriche, come un tetris in 3d in accordo con le note della musica, e una bambina (io) con una gabbia per grilli (cosa di cui mi ero dimenticata) e mio padre che cantava, mia nonna sul portico che raccontava storie, mia madre nel fiume… una successione di immagini vivide, come se fossi stata davvero lì, sentendo i profumi, le voci, l’aria e l’acqua. Facendone parte. Mi sono lasciata andare e apparivano scene della mia vita, di periodi passati, alcuni di cui mi ero dimenticata, altri più recenti, ma sempre con una gioia immensa, sempre sentendo l’affetto di ogni singola persona che passava. Ero pienamente cosciente, sentivo gli altri ridere o piangere o parlare… o vomitare. Ad un tratto ho sentito che dovevo andare al bagno, fantastico. Ero leggera, felice e disposta a continuare a navigare tra quelle visioni. Non so quanto tempo è durato, ma ho rivisto un sacco di persone della mia vita, e delle quali mi ero anche dimenticata, membri della mia famiglia, amici, fidanzati, colleghi di lavoro, sempre in allegria. Sapevo che l’Ayahuasca può dare brutte visioni, dolore e perfino panico. Mi sono fatta trasportare in ciò che essa voleva mostrarmi, come quando sei in barca e arrivano le onde, gli uccelli, il vento… un carosello dei momenti migliori della mia vita, al che ho pensato di star per morire, visto che mi stava passando davanti agli occhi tutta la vita, come a dirmi: guarda che bello, hai avuto una buona vita, hai amato e sei stata amata.

Poi ci hanno detto che era possibile tomare di nuovo, e l’ho fatto. Sono andata in bagno un altro paio di volte, credo, non mi ricordo tutto. Mi hanno detto che ho riso tutta la notte e ho perfino ballato. Lo ricordo appena.

Dopo la seconda toma le visioni sono cessate e la musica si è impossessata di ogni fibra del mio corpo. Io ero la musica e la musica era me. All’improvviso ho cominciato a fare collegamenti strani, vedevo chiaramente delle persone, capendo, a mo’ di illuminazione, perché avevano fatto quello che avevano fatto, o perché erano state male, o perché avevano avuto bisogno di me. È difficile da spiegare. Solo un esempio: alcuni anni fa mi innamorai come un’adolescente, dopo poco tempo lui mi lasciò e rimasi distrutta per molto tempo. L’ho perdonato, chiaramente, e perfino dimenticato. Quando è riapparso ho capito perché non voleva vedermi, perché mi schivava, nonostante frequentassimo la stessa cerchia. Colpa. Si sentiva in colpa per l’enorme danno arrecatomi. Mi sono resa conto che io avevo contribuito a creare questo sentimento quando gli inviai quel poema con scritto tutto ciò che avevo sofferto. Gliel’ho fatto leggere per intero. So che era a pezzi, perché me lo disse. Colpa. Ed è così semplice fargli smettere di sentirsi in colpa…ho deciso che gli scriverò per dirgli ciò che sento ora.

Questo tipo di situazioni si è ripetuto con molte persone della mia vita, ho compreso comportamenti. Mi sono preoccupata di indagare certe altre persone, ma l’Ayahuasca non me lo ha lasciato fare. Sentivo, sapevo, che non era il giorno per farlo. Era come se mi dicesse, vivilo così, oggi voglio che tu sia felice, domani si vedrà.

Ad un tratto, mia nonna paterna, quella che mi ha insegnato a leggere, è apparsa e abbracciandomi mi ha ringraziato per averle dedicato il mio primo libro, e mi ha detto che non avevo nemmeno idea di quanto fosse orgogliosa di me. Ho pianto di gioia tra le sue braccia a lungo. Sono apparsi poi tutti i miei avi defunti, i miei amici morti, che mi hanno fatto sentire perfetta, perché avvertivo la loro tenerezza e che erano in pace. Io, che sono così atea e così attaccata alla realtà (l’Ayahuasca è anche detta liana dei morti).

E connessioni, similitudini tra situazioni che mai avevo notato, comprensione, pace e la sensazione di fragilità della vita, dell’importanza degli affetti, delle piccole cose che ogni giorno arrivano nelle nostre vite.

È stata una scoperta. Non è successo niente di straordinario, niente che non fosse già nella mia testa, non mancava nulla, nessuna delle persone di cui mi importa veramente. È venuta meno solo una notte di capodanno senza vino né cena di gala…e sento che è stata la notte più bella della mia vita. Ho riso, ho pianto di pura felicità, ho ricevuto le chiavi per molte cose che mi preoccupano o mi inquietano. Ho imparato molto.

SECONDA TOMA

Tre settimane dopo la prima.

Perché sono andata una seconda volta? Il mio primo contatto era stato così bello, così illuminante che mi sono regalata una seconda esperienza.

Dopo quella prima volta – non solo con l’Ayahuasca, ma anche con il processo di integrazione, analisi, condivisione e stretta convivenza con i membri dello staff ed il resto dei partecipanti – ho capito come ci fossero determinate fasi nella mia vita, determinate azioni, risposte automatiche, blocchi emozionali, negazioni, situazioni che generano dolore e angustia. Le vicissitudini della prima notte, così magiche ed eccezionalmente meravigliose, come un regalo di benvenuto all’anno nuovo, hanno portato anche un nuovo modo di focalizzarsi. Capire che le motivazioni interne di ognuno, alla fine, sono le stesse per tutti: essere amati, essere rispettati, ascoltati, compresi, perdonati… e mettere in pratica un nuovo modo di interagire con le persone che amo, con quelle che semplicemente compaiono per un breve istante nella tua vita, quelli che chiameremmo gente di passaggio (amici di amici, conoscenti, famigliari con i quali abbiamo appena qualche contatto). È semplice: mettiti al loro posto. Ama, rispetta e perdona.

In sole due settimane sono cambiate molte cose per me nelle relazioni con le altre persone. È cambiato il mio modo di comportarmi con quelle persone. E all’improvviso, quasi immediatamente, scopri che tutto fila liscio, migliore, più armonioso. Amore, rispetto, perdono. Lo canta molto bene Darwin Grajales, in quella canzone che ho ascoltato in quella prima notte e che mi ha toccata profondamente: Lo siento, perdon, gracias, te amo.  [Mi spiace, perdonami, grazie, ti amo]

Tutta questa nuova visione è ciò che mi ha condotto qui nuovamente, a continuare questo processo di autoconoscenza.

È stata una notte molto illuminante.

Dopo la riunione del pomeriggio, la condivisione delle motivazioni che ci avevano portati lì, in un clima di assoluta fiducia, mi sono disposta ad entrare in profondità nel mio io interiore, con calma e tranquillità.

Nel silenzio della notte, rotto soltanto dal lieve ronzio del condizionatore, sono tornata a posizionarmi mentalmente in uno di quei momenti felici: in poppa al veliero, navigando nel grande blu, accarezzata dal vento, dal sole e dal suono dell’acqua che lambiva lo scafo della barca. Navigare nel mio elemento, l’acqua, il mare.

Avevo sempre pensato che il mio animale totem fosse un aquila o un condor, ma invece ho visto qualcos’altro. Quello che sono veramente è una vecchia, enorme, balena canterina e come tale ho percorso i sette mari. Ho navigato per tutti gli oceani, dal nord a sud, dal freddo Atlantico ai tropici, il cambiamento di temperatura dell’acqua, la diversa salinità, il vento, le pianure sommerse…ho avuto un momento particolarmente carino nuotando nei fiordi, non importa se fosse in Norvegia o da un’altra parte, noi balene non conosciamo frontiere, e ascoltavo gli uccelli cantare a terra. Il loro canto risuonava tra le pareti del fiordo e io rispondevo loro con il mio canto. Essi mi parlavano di vita, di speranza, di allegria. Una piena comunicazione tra esseri diversi! Mi sono anche ricordata dei figli che ho avuto, l’immenso amore che mi unisce a loro, a coloro che ho perso, a tutti quelli che amo, agli amici dispersi nei loro oceani e ho capito che dovevo cantare, e continuare a cantare storie affinché voi non rimaneste soli, affinché noi non rimanessimo soli, affinché sapessimo che sebbene l’oceano sia immenso, noi siamo connessi.

Dopo questa sensazionale esperienza, tutto si è fermato, si è calmato ed ho cominciato a percepire che avevo lasciato qualcosa in sospeso da risolvere. L’ho registrato, inteso e deciso che via intraprendere. Una chiarezza eccezionale.

Tutto è di nuovo sotto controllo, in pace.

La terza rivelazione è ancora più strana. Nella mia prima esperienza mi ero connessa con un sentimento di assoluta armonia ed amore, che sentivo con un uomo che avevo amato profondamente e che ho perso. Volevo, ho chiesto all’Ayahuasca, di tornare a rivivere quegli istanti, ed essa lo ha fatto, ma con un diverso approccio: ho capito ciò che mi aveva tanto commosso. Inoltre ha stabilito una curiosa connessione, sempre con una persona che ho amato e perso, di nuovo. Ho compreso perché avessi sentito tutto quello e perché lo persi. Un parallelismo tra due situazioni, davvero, una cosa del genere è come un’equazione matematica perfetta. Essi si erano consegnati a me in maniera assoluta, momenti di identificazione totale con un altro essere umano. Momenti nei quali io pure mi ero data senza riserve. Ma temporaneamente. Alle volte il suo livello intellettuale non era sufficiente, altre volte era il suo essere, altre volte… non sono in grado di sostenere il concedersi. Quella capacità di darsi che devo coltivare nel mio cuore, quella stessa capacità così poco abituale, così eccezionale, è ciò che ho chiesto. Mi sono ripromessa a me stessa di non lasciar scappare nuovamente l’opportunità.

Bianco, si è fatto il vuoto. E all’improvviso mi trovo a bordo della Morte Nera solcando l’aria a gran velocità tra le pareti di un canyon in una valle profonda, sentendo ancora la felicità della resa assoluta. All’improvviso la velocità diminuisce e appare qualcosa di simile ad una coperta di stelle sulle pareti del canyon, e sopra ad esse un’immagine. L’immagine di qualcuno che conosco. No, non può essere, lui no. Giammai. Ti stai sbagliando amica mia. E la voce della mia selva interiore a dirmi “sa di buono, è intelligente, un brav’uomo, integro e acculturato, di sicuro i vostri corpi s’intenderanno a dovere…” qualche volta avevo pensato di portarmelo a letto, ma no. “È troppo complicato, stravagante e pazzo, ti darebbe soltanto problemi” dice la mia voce sottile, mentre la voce selvaggia già risponde “e queste che importa! L’essenziale è la sua capacità di amare e darsi, che tanto raramente si incontra. È complicato, sì. Da quando ti interessano le cose non complicate? Nessun uomo ti interessa: o è po’ maschilista, o non è abbastanza acculturato, o è un disastro a letto, o non ti piace come parla, o non ti piace come vive la sua giornata… smettila di bruciarti in una ricerca che ti porta solo frustrazione e solitudine. È lui”. E la mia amica Ana: “Non scopare Mary!” E la mia voce sottile giù a ridere, sapendo che era sempre stato sotto i miei occhi.

È lui…è divertente, integro, sa coccolare chi gli sta attorno e sa dare attenzione al suo bimbo interiore. È anche eccentrico, dice sempre ciò che pensa, per cui si fa sempre nemico qualcuno…è un poeta pazzo. È una sfida importante. Un lanciarsi nel vuoto e sapere che cadrai su un materasso elastico che va su e giù. Mi annoia la monotonia, la volgarità, il tran-tran giornaliero sempre uguale a se stesso, il tedio.

E ricordare all’improvviso che la volta prima, nella foresta, la mattina seguente guardando Facebook, la prima cosa che vidi fu una sua poesia che mi toccò molto il cuore.

Questa volta ho vomitato, due volte, senza dolore o malessere.

Credo che la prima gettata sia stata di dolore e solitudine, la seconda ho vomitato la Società. È difficile spiegarlo, ma credo di avere un’età e un’occupazione che mi permettono di fare della mia vita ciò che realmente voglio e così mettere da parte molti convenzionalismi. Bisogna vivere sul filo, essere e non essere, giocare ad essere in questa società, ma senza crederlo. È complicato da spiegare.

Ho avuto momenti di calma assoluta, nei quali ho cominciato ad avere visioni di una sorta di intreccio infinito di catene di DNA. Come se davvero fossimo tutti una parte del tutto. Una cosa bellissima, davvero.

La seguente rivelazione è stata che il mio corpo ha la capacità di guarire gli altri con gli abbracci, i baci e anche con il sesso. Fare sesso con me è guaritivo, mi ripeteva la voce interiore, la voce della selva. È curioso, perché il primo sintomo ad indicare che sono in mano all’Ayahuasca, e mi è successo entrambe le volte, è la sensazione che il mio clitoride sia il vortice dell’universo e che a partire da lì io e l’universo siamo uno. Allora ho sentito e vissuto che il mio corpo e il corpo dell’altro, in modo quasi miracoloso, avevano creato 8 bocche perfettamente identiche. È qualcosa di indescrivibile baciare ed essere baciati lungo il corpo da 8 bocche, un’esperienza allucinante.

Cessata l’esperienza, la mia voce ha detto “Madre Terra, conducimi dove vuoi, io mi abbandono” allora la voce mi ha risposto “Chiamami sorella, perché anche tu sei Madre Terra”. Ho vissuto allroa il momento del mio concepimento, il momento in cui i miei genitori, con amore infinito, mi concepirono. E ho ricordato momenti meravigliosi passati con loro. Si amano veramente e mi amano a loro volta. Mia madre è così forte e coraggiosa… non gliel’ho mai detto e devo farlo. Ho sentito che sta bene, mentre mio padre sta marciando nel marasma dell’Alzheimer, non rimane che poco di lui ormai. Sapevo che sarebbe morto molto presto e che sarei dovuta andare ad abbracciarlo, giacché, ora so, che la sua pelle è in grado di riconoscere l’enorme amore che provo per lui. Mio padre se ne andrà, ma non del tutto, perché una parte resterà sempre con me, con noi, in chi lo ha amato. La vita è solo amore.

Il resto della notte è stato dolce, emozionante, pieno di ricordi dolci dell’infanzia con mio padre. Solo amore.

Mi resta ancora una notte qui. Un altro viaggio verso l’ignoto.

TERZA TOMA

Al pomeriggio abbiamo avuto una riunione illuminante e sorprendente veramente. Abbiamo parlato dell’odio, della rabbia repressa, di come questi ci condizionino senza che ce ne rendiamo conto. Ed ho assistito a come tutto questo odio e rabbia possa essere smaltito. Ho capito molte cose questa sera, ho ripercorso mentalmente la mia strada, tutte le tappe che mi hanno condotta fin qui, per mezzo delle esperienze altrui ho viaggiato a ritroso raccogliendo le briciole di pane come Pollicino, osservando il passato e intuendo l’avvenire. La sessione del pomeriggio con Alberto è stata decisamente arricchente. Sono curiosa di vedere cosa mi aspetta la notte.

Subito dopo l’assunzione, e immediatamente prima, nel silenzio di raccogliemnto della sala, torno a posizionarmi a poppa della barca. Lì, in piedi, a sentire il vento sul corpo, la carezza del sole e il suono delle vele e delle onde, mi metto ad aspettare, che il mare mi porti dove deve.

Di nuovo, dopo un lasso di tempo che non saprei definire, il suono di un flauto lontano, una salmodia di foglie secche che agita il vento, e come una burrasca proveniente da lontano, come quando il vento soffia sulla barca, vedo avvicinarsi la superficie increspata del mare, sempre più vicina. Ma ciò che arriva non è vento, è invece un incremento enorme di calore, situato esattamente nel mio clitoride. Il mio clitoride connesso all’universo, si espande e cresce. Sento una grande eccitazione sessuale, una copulazione selvaggia con l’universo. Tutto il mio corpo s’innonda di luce, di energia, di comprensione, di amore. Nelle due tome precedenti questa energia si espandeva in tutto il mio corpo, si irradiava verso gli altri e poi si dissipava e allora cominciavano le visioni. Quasta notte ho sentito un orgasmo fisico, assoluto ed enorme. Mi sono sentita in pace, con la P maiuscola. In pace e in attesa di ciò che sarebbe arrivato.

Non è nata alcuna visione, nessuna forma geometrica, niente. Solo i suoni degli strumenti della selva suonati dagli sciamani, il tepore delle campane tibetane, lì con gli occhi chiusi, in pace immensa e in attesa. Qualcuno vomitava selvaggiamente, grida che rompevano la quiete della notte e che mi inquietavano, mi arrestavano, mi molestavano. Qualcuno parlava, voce monotona e discordante, mi distraeva e innervosiva. Silenzio. Attesa. A bordo della barca di nuovo, in attesa del vento. Un passaggio di un’opera, forse Wagner, suona a volume molto alto. Mi infastidisce. Mi duole. Mi distrae. La ragazza che vomita continua a gridare straziante. La musica mi ferisce. Non posso scappare di qui. Non posso abbandonare questo luogo mentre sono sotto gli effetti dell’Ayahuasca. Ma la musica mi ferisce, le grida mi straziano, la voce comincia a darmi sui nervi. Termina l’aria di opera e sospiro alleviata. Le altre volte la musica era stata un magnifico veicolo di conduzione. Un secondo dopo, dopo il silenzio liberatore, parte a volume altissimo L’apprendista dello stregone di Goethe, meglio naota come colonna sonora di Fantasia. Mi infastidisce ancor più dell’aria precedente, è davvero alto il volume e sento che mi aggredisce. Odio lo sciamano che sta selezionando la musica, mi mancano Cesar e le sue canzoni semplici, legate alla terra, ritmi semplici e messaggi d’amore. Penso che la scelta delle musica sia ad opera di una testa di cazzo prepotente, per far mostra della propria cultura musicale. Così lontano dalla semplicità della musica che ti porta pace ed amore. Voglio tornare a quella canzone di “Lo siento, Perdon, Gracias, Te amo” che mette Cesar. Questa musica è quasi come una violazione per me, qualcosa che non posso fermare, non posso spegnere, a cui sono esposta senza rimedio. Comincio a sentirmi male, davvero male. Vorrei alzarmi e rompere tutto, fermare la musica, azzittire la ragazza che vomita e grida, all’idiota che parla e parla senza tregua e dice solo stronzate, vorrei rompere tutto e far sì che il mondo si fermi e smetta di farmi male. Va sempre peggio. Forse vorrei vomitare. Forse andare in bagno. Ma in realtà vorrei uccidere, uccidere qualcuno. Altro silenzio liberatore, la musica si è fermata, cerco di concentrarmi. All’improvviso ZaC! Un motivo funesto, oscuro, pungente. Mi sento morire. Mi alzo per vomitare, ma non è solo vomito. Corro al bagno, vomito e diarrea, allo stesso tempo, mi sento morire. Sia sopra che sotto. Sapevo che poteva succedere, ce lo avevano detto. Almeno qui sono al riparo dalla musica aggressiva, dalla ragazza che grida e dall’idiota che parla. Mi fermo un attimo nel bagno fino a che tutto cessa. Sono debole e sento di star raffreddandomi. Torno in sala. Mi accascio e tremo di freddo. La rabbia e l’odio sono cessati, ma la musica è sempre la stessa merda, comunque non mi aggredisce più. Ho molto, molto freddo. Marisa mi avvicina delle coperte e mi copre, ma sono gelata. Allora mi rendo conto che dalle dita delle mani e dei piedi si genera il freddo. La mie dita sono pezzetti di ghiaccio grigio e sporco, blocchetti di ghiaccio, poligoni perfetti con resti di rami e terra inclusi. Un freddo che avanza dalle mani e dai piedi e mi attanaglia il corpo. Ed il freddo avanza e avanza così in fretta che sento che presto raggiungerà il cuore e lo fermerà. Forse morirò. Non voglio morire, non in questo modo stupido, non congelata nel ghiaccio sporco. Ma continua ad avanzare. Sento il fegato congelare. Lo stomaco, vuoto, gela rapidamente. Morirò. Ora sì è definitivo, mi si sta ghiacciando il cuore. Lo accetto. Se si deve morire, si muore. Ho avuto una bella vita. Sono stata felice, ho amato e sono stata amata, se devo morire, che sia. E ad un tratto Darwin Grajales canta “…sueltalo, sueltalo, sueltalo, dejalo que se vaya…” [mollalo, lascia che se ne vada] e il gelo comincia a ritirarsi. Non c’è dolore, il gelo scompare e il mio corpo recupera la sua temperatura. Sono viva! Lascia che se ne vada… e lo lascio andare. Una pace assoluta mi pervade. Canto, unisco la mia voce a qualcun altro che sta cantando. Riconosco Cesar, la sua voce calda mi avvolge. Mi fido di Cesar. E mi lascio trasportare. Tutto a posto, tutto in pace. Sono io e un amore enorme mi circonda. Continua la musica “calda”, sono felice e canto, seguo il ritmo con i piedi, con le mani e con la voce. Sono musica per un lungo, lungo tempo. Sono musica felice.

 

Marisol Torres Galan

 

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Alberto José Varela

Fundador de empresas y organizaciones; creador de técnicas, métodos y escuelas; autor de varios libros. Estudiante autodidacta, investigador y conferencista internacional, con una experiencia de más de 40 años en la gestión organizacional y los RRHH. Actualmente crece su influencia en el ámbito motivacional, terapéutico y espiritual a raíz del mensaje evolutivo que transmite.

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