È POSSIBILE RISOLVERE QUESTO CONFLITTO? La nuova tribolazione di Taita Querubín e di chi lo manipola. (News)

LA DEFORESTAZIONE CULTURALE AMAZZONICA COLOMBIANA

L’analisi di un docente di filosofia, riguardo la situazione con i nativi che gestiscono l’Ayahuasca in Colombia.

Il problema sorto tra i Cofán (un etnia del sud della Colombia) – che sostengono di essere i detentori dei diritti sull’Ayahuasca – e Ayahuasca International (una multinazionale di facilitatori e integratori di esperienze con Ayahuasca) è un conflitto che dobbiamo risolvere, ma secondo la mia opinione la soluzione non consiste nel trovare un accordo con loro. Vi sono diversi motivi per i quali un simile accordo sarebbe difficile da stipulare, e anche in caso sarebbe del tutto inutile.

Vi invito a riflettere su alcune caratteristiche della situazione, che impossibiliterebbero tale accordo:

1- Quanto si aspettano in cambio del loro silenzio o beneplacito sono soldi. Una vera e propria forma di estorsione o ricatto, e ambedue sono modi di ottenere soldi che non hanno fine: se producono un risultato, saranno la prova che possono ottenere sempre più soldi, se non dà un risultato penseranno di non aver fatto abbastanza pressione.

2- Viene vissuta come una nuova invasione di intrusi spagnoli nella cultura e accettare che gli spagnoli (e loro discendenti e/o simili che hanno governato per secoli l’America latina) e i creoli americani (discendenti di nativi ed europei) gestiscano il loro sapere e la loro medicina ancestrale è visto come una specie di tradimento. Equivarrebbe a cedere i loro segreti a gente dagli avi, tradizioni e culture aliene rispetto alla loro. Effettivamente i miei avi non hanno nulla a che vedere con i loro, tanto per fare un esempio, giacché per parte di madre sono sefardis e par parte di padre sono berbero; non c’è nessun indio tra i miei avi, sebbene alcuni di essi possano essere emigrati in America in cerca di fortuna.

3- Parliamo con strutture cognitive incommensurabilmente diverse, il significato delle parole più usate in questo contesto è radicalmente diverso per gli uni e per gli altri (medicina, dio, cultura, donna, selva, anaconda, nonni, sacro, cerimonia, spirito, ecc.)

Inoltre, per complicare ulteriormente le cose, le cosiddette comunità native sono carenti di una propria identità. E questo è un aspetto importante. A cominciare dal nome che si assegnano “indios” che non ha nulla a che vedere con la loro lingua, ma con l’ignoranza dei barbari invasori spagnoli che pensavano di essere giunti in India, da cui il nome. E neppure ha a che vedere con la loro realtà, poiché sotto tale nome si pretende di raggruppare un grande numero di culture che non hanno quasi nulla in comune, né la lingua, né le strutture politiche, né la religione -qualora esista- né un passato comune –eccezion fatta per l’invasione europea. Che relazione c’è tra i sacrifici umani perpetrati dagli Aztechi e le tradizioni dei rituali sciamanici del Putumayo? (Di sicuro la parola “sciamano” non ha nulla a che fare nemmeno con la loro etnia, visto che si tratta di una parola di origine siberiana per indicare gli uomini di medicina o spirituali).

4- per l’appetibilità della nicchia di mercato che abbiamo scoperto e mostrato pubblicamente. Molti potenziali competitors si sentono minacciati nei loro piani di crescita da Inner Mastery International, e sono davvero interessati al nostro fallimento, e faranno quanto in loro potere, sempre in maniera discreta, segreta o camuffata per ottenerlo (antropologia difensiva dei valori “indios”, preservazione del carattere “sacro” delle piante che “profaniamo”, ecc.)

5-Per le questioni sollevate dalla medicina allopatica ufficiale (e dai suoi interessi economici) sulle nostre pratiche terapeutiche, tanto più quanto risultino efficaci. Una tale resistenza va tutta a favore di questa disputa, e favorisce i pregiudizi nei nostri confronti.

E raggiungere questo accordo sarebbe poco efficace perché:

I- la pace con Taita Querubín non è la pace con il resto dei gruppi interessati a che Inner Mastery perda di importanza mediatica.

II- l’accordo con Taita Querubín può incoraggiare altri Taita o leader a cominciare manovre simili.

III- perché il grosso del nostro target sono persone occidentali, o principalmente di cultura occidentale. Queste persone, salvo alcune eccezioni, non risentono dell’influenza dei Taita sudamericani e delle loro ideologie, usi e costumi. Chi dice di schierarsi dalla loro di solito conoscono gran poco dei popoli sudamericani, e lo fanno per lo più per snobismo, moda o disorientamento (che li porta a cercare fuori dalla loro cultura e dalle loro radici ciò che credono di non avere). In parole povere, questa disputa viene percepita davvero lontana dalla maggior parte di chi assiste ai nostri ritiri.

Per me un opzione efficace sarebbe insistere nell’uso occidentale della medicina, all’interno di un contesto terapeutico e di esperienza mistica1. Quando dico occidentale intendo soggetta ai crismi del giudizio riguardo l’efficacia derivante dalla pratica, della sperimentazione di diverse tecniche e procedimenti che danno risultati migliori, all’uso laico e rispettoso della medicina, ai fondamenti della nostra pratica, con la nostra esperienza e sperimentazione, teorizzando con essa (visto che non c’è nulla di più pratico che una buona teoria), al ricorso alle rigorose indagini scientifiche e mediche condotte su tali medicine (in aumento) ecc. Vale a dire sostenerci sulla nostra cultura, che è anche la cultura della maggior parte di persone che partecipano ai nostri ritiri, per il momento, e giustificare l’uso che abbiamo scelto di farne. Ci separiamo, con tutto il rispetto dovuto, dallo “sciamanesimo” amazzonico, dai suoi rituali, dalle sue ideologie e dai suoi fini.

1 Voglio chiarire che la mistica appartiene molto di più alle culture euroasiatiche e del nord Africa (nella misura in cui gli arabi si sono propagati in quelle terre), che non a quelle di altre culture che fanno esperienze simili ad essa. Non esiste la mistica indigena ancestrale, sebbene vi sia un sistema di pratiche e credenze più prossime a quella che è la nostra “magia”, più che la nostra mistica.

 

Francisco Puertes

 

 

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Alberto José Varela

Fundador de empresas y organizaciones; creador de técnicas, métodos y escuelas; autor de varios libros. Estudiante autodidacta, investigador y conferencista internacional, con una experiencia de más de 40 años en la gestión organizacional y los RRHH. Actualmente crece su influencia en el ámbito motivacional, terapéutico y espiritual a raíz del mensaje evolutivo que transmite.

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