LA PADRONANZA INTERIORE È UN PROCESSO CHE SI SVILUPPA DALL’ESTERNO E VERSO L’INTERNO
È nell’interazione con gli altri che risiede la chiave maestra dell’evoluzione interiore.
“Fuori” è lo spazio da cui proviene tutto ciò che si trova dentro di noi; in realtà ogni cosa interna è venuta dall’esterno. E nell’esperienza umana quello che di più vicino e a portata di mano abbiamo all’esterno è l’altro. Quando gli altri sono stati la causa della nostra schiavitù o sofferenza, abbiamo bisogno che qualcun altro ci venga a salvare per rimediare alla delusione ed essere in grado di riconciliarci con l’esterno. L’altro è un mezzo per arrivare all’origine dell’esterno. Più in là dell’altro si trova Dio, l’esistenza, la creazione o la fonte della vita. Se il problema è iniziato all’esterno, dall’esterno deve venire la soluzione. Il maestro è quell’ “al di fuori di me” che viene a portarmi notizie che cambieranno la mia percezione dell’esterno. Per portare quelle notizie, è necessaria una saggezza autentica.
Ogni maestro interiore o esteriore rappresenta una figura illusoria che si predispone a relazionarsi con il discepolo interno o esterno (altra figura illusoria), in modo che interagiscano in maniera trasformatrice (per entrambi); nel profondo hanno bisogno di riconciliarsi e quindi si creano dei personaggi che rappresentino questa guarigione. È per questo che affermo che la guarigione è un’autentica opera di teatro.
Agire e essere visto, dare e ricevere, parlare e ascoltare, chiedere e rispondere, sono le polarità dello stesso processo: AFFIDARSI E ACCETTARE. Ciò rappresenta il dialogo che la vita mantiene con l’anima di coloro che si rendono conto dell’opportunità che abbiamo di fonderci con il tutto. Pagare e riscuotere, prestare e restituire, perdere e recuperare, dimenticare e ricordare, sono azioni che rappresentano l’essenza stessa dell’esperienza che a noi umani spetta vivere. Anche nascere e morire o arrivare e partire rappresentano simboli dello stesso ciclo, sono punti chiave nel registro della nostra coscienza, e, in base a come li percepiamo, ci predisporremo ad avere vite molto diverse. Nell’epitaffio della tomba di Osho, un maestro che ebbe molti discepoli e che visse una vita piena, leggiamo: “Un giorno sono arrivato e un giorno me ne sono andato, ero di passaggio sul pianeta terra”. Era consapevole di questo ciclo.
In questa visita si ripete lo stesso nucleo, inizi e finali, pertanto è anche carica di transitorietà. La relazione tra maestro e discepolo è una fase transitoria, serve a quello che serve, ma successivamente è necessario allontanarsi. Se fosse permanente sarebbe malata e produrrebbe un ristagno. Tutte le relazioni maestro-discepolo diventano patologiche quando si eccede rispetto al tempo necessario. Quando ti trovi con un autentico maestro, arriverà sempre il momento in cui ti chiederà che tu lo uccida, perché è quello il modo in cui tu potrai continuare da solo.
Secondo quello che stiamo sviluppando in questa serie di articoli, nell’eliminare il maestro esterno annulli la possibilità di essere discepolo, seguace e dipendente, ma stai anche ponendo fine ad una relazione che ti sta servendo per recuperare la fiducia nell’altro. Se elimini il maestro interno, annulli la possibilità di credere che tu lo sia, e pertanto svanisce la possibilità di recuperare la fiducia in te stesso. Termina anche l’autoinganno secondo cui tu sia maestro e discepolo, così come la relazione con il tuo ego spiritualizzato tramite un personaggio di cui vi avevi bisogno. Anche questa era una relazione guaritrice, ma di un livello più basso dato che è più nevrotica di quella anteriore. In entrambi i casi stai mettendo da parte la possibilità di relazionarti, è questo il problema, poiché se rimani senza questa possibilità di contattare gli altri – più o meno reali o fittizi – il risultato è che ti isoli, ti escludi, ti annulli, ti rifugi nella tua mente separandoti ancor di più dall’esterno rispetto al momento in cui hai iniziato il tuo processo di guarigione. Rimani solo e ti senti perso. Sarebbe stato meglio rimanere nel tuo maestro, o nella credenza che tu lo sia, poiché avresti continuato a portare avanti le tue relazioni seppur nevrotiche. Ciò è preferibile rispetto a sviluppare un personaggio eremita e pieno di risentimento sociale, che incrementa dentro di sé odio e rancore verso gli altri. Esistono molti tipi di psicopatici e di psicopatie.
AVERE BISOGNO DI UN MAESTRO EQUIVALE AD AVERE BISOGNO DI UN PADRE CHE CI ACCETTI E DISCIPLINI.
La nostra personale concezione di ciò che significhi affidarsi e ricevere deriva dalla relazione avuta con i nostri genitori, da lì proviene il modello che caratterizzerà le relazioni che instaureremo e porteremo avanti per tutta la vita. Da quello che non ci hanno dato, non abbiamo ricevuto, quello che noi non abbiamo dato o che loro non hanno ricevuto da noi. Questo schema di interazione, scambio reciproco e accettazione si definisce nell’infanzia. A partire da quelle esperienze e vissuti rimangono in noi le carenze, esigenze, lamentele, risentimenti e sensazioni di ingiustizia. Quando oramai siamo stufi di soffrire per tutto ciò che produce nelle nostre relazioni, usciamo a cercare un maestro che sia il sostituto del padre, o ci innamoriamo della madre Terra, Pachamama, come sostituta della madre. Gaia diventa la madre che mi ama e che provvede ad ogni cosa, e il Grande Spirito si trasforma nel padre che mi rispetta e guida. Dio e la vergine compiono la stessa funzione. In queste relazioni con l’esterno stiamo cercando di guarire la ferita interiore con i nostri genitori, ma molti rimangono bloccati in una relazione nevrotica con gli elementi della natura o con figure religiose, perché ancora non si rendono conto di come quello costituisca solamente un passo verso la guarigione.
In fondo, e senza volerlo, noi umani abbiamo creato un metodo di riconciliazione con l’esterno che ci permetta di sanare il risentimento, l’ira e l’odio che proviamo per non essere stati amati e rispettati, per non essere stati accettati e guidati con saggezza. Adesso ci troviamo nel dilemma di giocare questo gioco guaritore essendo maestri o discepoli; in realtà non importa tanto il ruolo che tu scelga, quanto il fatto che tu sia cosciente che sia un gioco transitorio per riparare le tue percezioni e recuperare la fiducia.
Se cerchi o hai un maestro puoi diventare un seguace passivo e irresponsabile di te stesso, dipendente dei tuoi genitori per tutta la vita. Se cerchi o trovi il maestro interiore ti puoi trasformare in un monumento all’autoinganno, poiché quel maestro sarà il tuo ego mascherato di spiritualità. Pertanto molte persone, con grande intelligenza e abilità, si sono già rese conto della vera essenza di queste due opzioni e optano per una terza: non cercare nessun maestro, né dentro né fuori, e trasformarsi in un essere autarchico che non partecipa al gioco dell’essere discepolo, e tantomeno maestro. La cattiva notizia che ho da dare a questo gruppo di persone molto rapide è che si possono trasformare in autentici morti viventi, e rimanere nel limbo della disconnessione con gli altri, poiché è proprio tramite l’interazione con gli altri che sia possibile attivare una trasformazione. L’interdipendenza e l’incondizionalità sono la base della padronanza interiore che si sviluppa nelle relazioni. La padronanza interiore determina quale atteggiamento assumerai con coloro che ti circondano, ti accompagnano, ti guardano, ti respingono, ti criticano o ti deludono. LORO possono provocare tutti i tipi di emozioni e sentimenti dentro di te, possono far sì che tu ti converta in un demonio o in un gattino affettuoso. Da cosa dipende che si producano reazioni tanto differenti a partire dalla relazione con gli altri?
Attraverso esperimenti psicosociali è stato dimostrato che tutti noi cambiamo nei confronti degli altri per non venire respinti, per sentirci normali, per un senso di appartenenza e per essere accettati: per non entrare in conflitto ci ADATTIAMO. Nel caso della padronanza interiore che si mette in atto attraverso le interazioni con gli altri si produce tutto il contrario, poiché quando la persona si converte in un individuo (ovvero qualcosa di non-diviso) non sente la necessità di adattarsi a nessuno, ma solo quella di essere se stesso, senza separarsi dagli altri, bensì rispettando la loro individualità. Niente di più lontano dal voler essere normali. La paura del rifiuto non prende più decisioni; il senso di colpa per accettare noi stessi si trasforma in superbia inoffensiva; il benessere è garantito; la vita funziona e va avanti fornendoci ogni cosa di cui abbiamo bisogno. Siamo posseduti dalla sensazione di felicità e gioia. È questa la condizione in cui la coscienza passa a essere la madre. La trasformazione è in corso e nessuno la può fermare. In questo momento si inizia a trascendere.
La padronanza interiore non è un programma per arrivare ad essere il maestro di me stesso o di altri (che in realtà è la stessa cosa), bensì per smettere di aspirarvi. Essa rappresenta una rinuncia, un processo nel quale posso rendermi conto di essere già il maestro, lo sono sempre stato, ma me ne ero dimenticato.
Quando negli anni 80 Osho chiese a tutti i suoi discepoli di togliersi la sua foto che tenevano appesa sul petto, ciò causò tremende delusioni. Molti discepoli entrarono in crisi non potendo più contare sulla presenza del maestro che li accompagnava in ogni momento, persino al bagno; senza volerlo, il maestro aveva in parte tirato su e alimentato degli esseri dipendenti, che nonostante avessero guarito la relazione con i loro genitori o le ferite da loro causate, non avevano ancora imparato a camminare da soli, con la conseguenza che molti crollarono.
Ma succede anche che, se non hai maestri, puoi iniziare a credere di esserne in grado, quindi esci fuori a camminare quando ancora non sai come mantenere l’equilibrio, né hai abbastanza forza, così cadi a terra. Entrambe le opzioni possono essere più o meno negative o difficili nella tua evoluzione. Ma esiste qualche opzione che possa aiutarci a non cadere?
Se puoi cadere per la necessità di dipendere o per quella di essere indipendente, è certo che cadrai, quindi dovremo addentrarci nella complessità di ciò che muove e sostiene i rapporti umani sottomesso-dominanti . Se osiamo entrare, possiamo arrivare a vedere dove sia la fessura attraverso cui possiamo addentrarci nel mistero della soluzione senza la necessità di dover cadere, senza dover soffrire o perdere tempo; sebbene molte persone abbiano aperto i loro cuori al mistero proprio grazie all’aver rotto la loro testa in una di quelle cadute. Come me.
Questo lo lascio per la quarta parte di questa serie.
Alberto José Varela